domenica 3 ottobre 2010

Comitato di redazione? No, calci in culo!

Il 2 e 3 ottobre 2010 il Corriere della Sera non è uscito a causa di uno sciopero dei suoi giornalisti. Sai che novità, qualcuno potrebbe dire: a volte capita che nel Coglionistan i giornalisti facciano sciopero. Capita per esempio che a scioperare siano tutti i giornalisti. In quel caso il telegiornale RAI va in onda in forma succinta (il che volendo è anche un bene, dato che il prodotto ne guadagna in concisione) "e senza servizi in video e voce" (cito a memoria una formula udita varie volte). Dopo di che il giornalista che appare in video, che non è l'usuale conduttore del telegiornale, ma il tipico panzone (nell'accezione brunettiana del termine) sindacalizzato, declama di essere lì in quanto autorizzato dal comitato di redazione. E già qui uno potrebbe dire "e a noi che ce ne frega del perché e del percome sei proprio tu ad essere in video?".

Ma quello che è peggio è che il panzone prosegue leggendo il comunicato del famigerato comitato di redazione. Ancora una volta non si capisce cosa al telespettatore gliene possa fregare delle vertenze fra i giornalisti e gli editori (anche se i giornalisti, oltre che per il vile denaro, dicono sempre di scioperare per tutelare i nobili diritti d'informazione dei cittadini): forse che quando a scioperare è un'altra categoria i telegiornali ritengono utile o interessante leggerne i comunicati?

Ciò ad ogni modo è utile per rendere edotti i cittadini del Coglionistan che in ogni giornale c'è un comitato di redazione. Wikipedia ci dice che esso serve a tutelare "i diritti morali e materiali derivanti ai redattori dal contratto di lavoro e dalla legge". Uno pensa che per tutelare i propri diritti (materiali) ci siano i tribunali civili. Invece i giornalisti usano questa specie di soviet. E i diritti "morali"? Suppongo non abbiano niente a che vedere col diritto d'autore, ma che siano pretese di varia natura (non economica) dei giornalisti.

Un esempio di pretese dei giornalisti è dato appunto dalo sciopero di questi giorni al Corriere della Sera. Lì il CdR ha fatto il suo comunicato in cui stigmatizza che "invitati a un tavolo di trattativa sulla multimedialità, i componenti del Cdr non hanno trovato nemmeno un inizio di confronto, ma soltanto una lettera" che "elencava già i risultati che una pseudo-negoziazione avrebbe dovuto raggiungere". E quali sono questi risultati che il Corriere pretende? Li elenca il suo direttore, Ferruccio De Bortoli:

Non è più accettabile che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione. Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell'interessato a ogni spostamento, a parità di mansione. Prima vengono le esigenze del giornale poi le pur legittime aspirazioni dei giornalisti. Non è più accettabile che i colleghi delle testate locali non possano scrivere per l'edizione nazionale, mentre lo possono tranquillamente fare professionisti con contratti magari per giornali concorrenti. Non è più accettabile l'atteggiamento, di sufficienza e sospetto, con cui parte della redazione ha accolto l'affermazione e il successo della web tv. Non è più accettabile, e nemmeno possibile, che l'edizione Ipad non preveda il contributo di alcun giornalista professionista dell'edizione cartacea del Corriere della Sera. Non è più accettabile la riluttanza con la quale si accolgono programmi di formazione alle nuove tecnologie. Non è più accettabile, anzi è preoccupante, il muro che è stato eretto nei confronti del coinvolgimento di giovani colleghi.
De Bortoli prosegue con una considerazione di buon senso:
continuando così, non c'è più futuro per la nostra professione. E, infatti, vi sfido a contare in quanti casi sulla Rete è applicato il contratto di giornalista professionista.
La risposta dei panzoni giornalisti del Corriere della Sera? Eccola qui:
L'assemblea dei giornalisti ha votato due giorni di sciopero immediato e ha consegnato al Comitato di Redazione un pacchetto di ulteriori cinque giorni per rispondere all'attacco che il Direttore ha mosso contro le tutele e le regole che garantiscono la libertà del loro lavoro e, di conseguenza, l'indipendenza dell'informazione che il giornale fornisce.
Cioè il datore di lavoro, vista la crisi del settore, gli offre la possibilità di fare dei corsi gratis di tecnologie multimediali, che gli darebbero la possibilità di (ri)qualificarsi, e questi proclamano due giorni di sciopero immediato, minacciandone altri cinque. E hanno la faccia di dire che combattono per "l'indipendenza dell'informazione".

Mi viene da sorridere se penso che il celebre libro La Casta è stato scritto proprio da due giornalisti del Corriere della Sera...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Si preferisce il giornalista allineato e sfruttato per pochi denari (tranne le grandi firme)perchè se licenziato non avrebbe altro lavoro, quindi il sistema dell'editoria giornalistica in pieno conflitto d'interessi collassa il sistema dell'informazione.
Diceva Joseph Pulitzer:
Una stampa cinica e mercenaria prima o poi creerà un pubblico ignobile.

Calimero