venerdì 22 ottobre 2010

I probiviri e i metodi "staliniani"

Leggo che anche l'UDC, avrebbe deferito uno dei suoi iscritti, il parlamentare Michele Pisacane, ai probiviri. A Pisacane l'UDC rimprovera un'intervista che La Repubblica riassume così: "sto nell'Udc, tratto col Pd e forse voto Pdl". Secondo Lorenzo Cesa, segretario dell'UDC, quelle parole avrebbero danneggiato l'immagine del partito. Per questi motivi ne chiede l'espulsione.

Nel 2008 il PD deferì Riccardo Villari ai probiviri, che in quel partito prendono il nome di Commissione Nazionale di Garanzia. La quale commissione decise di espellere Villari, reo di non volersi dimettere alla presidenza della Commissione di Vigilanza sulla RAI, alla quale era stato eletto con (prevalentemente) i voti del PDL, per fare posto al candidato designato dal partito. Detto comportamento, secondo i probiviri del PD, violava i "principi di correttezza che lo Statuto ed il Codice Etico richiedono ai suoi iscritti ed eletti", nonché, anche in questo caso, era ritenuto "gravemente lesivo dell’immagine del PD".

Altri casi di espulsione dai partiti li trovate narrati qui.

Villari definì la sua espulsione "staliniana". Lo stesso aggettivo lo ha usato Fini quest'estate a proposito della sua uscita dal PDL. Nel caso di Villari va detto che ci fu un dettaglio grottesco che ricordò davvero le purghe staliniane: Villari non solo fu espulso, ma il suo nome fu pure cancellato dall'elenco dei fondatori del PD, allo stesso modo in cui i trotzkisti, una volta che furono caduti in disgrazia, venivano cancellati dall'iconografia ufficiale dell'URSS.

Ma ha titolo Fini di evocare il trattamento staliniano, oppure lui sta fra gli epurati come un imbucato in una festa? Per rispondere occorre chiarire i presupposti: chi entra nei partiti ne accetta i regolamenti interni. I quali prevedono che si debba tenere un certo tipo di comportamento, la cui inosservanza è sanzionabile da un collegio arbitrale interno chiamato appunto "probiviri".

Viene allora da chiedersi se dette espulsioni siano giustificate o meno. E prima ancora se lo siano i deferimenti. E, nel caso di Fini, dato che non vi sono stati né espulsione né deferimento, se le affermazioni dell'Ufficio di Presidenza del PDL che dichiaravano che i comportamenti tenuti da Fini erano incompatibili coi principi ispiratori del PDL siano legittime o abbiano un contenuto prevaricatore.

L'ufficio di presidenza di un partito avrà pure il diritto di esprimere giudizi senza per quello essere tacciato di stalinismo. Oppure ritiene Fini di avere diritto di dire quel che gli pare senza che il partito al quale ha aderito e alle cui regole comportamentali egli ha liberamente scelto di conformarsi possa eccepire alcunché?

Questo per quel che riguarda Fini. Bocchino, Granata e Briguglio sono stati invece deferiti ai probiviri, e il loro caso dovrebbe essere esaminato nei prossimi giorni. Chi ha ragione? Sarebbe opportuno che al giudizio venisse data la massima pubblicità possibile. Che venissero pubblicati i capi d'imputazione, e che gli imputati prendessero posizione nello specifico. Affinché tutti possano giudicare chi ha ragione e chi ha torto.

Invece i tre annunciano di non volersi neppure difendere, dato che ritengono di non essere più nel PDL, pertanto non più tenuti al rispetto delle sue regole interne e quindi non soggetti alla sua giustizia interna. Ma così facendo danno implicitamente ragione a chi li accusava di aver agito da avversari del PDL pur stando all'interno del PDL. Così dicendo accettano implicitamente il contenuto dell'accusa. Perché il giudizio ha ad oggetto comportamenti tenuti quando loro stavano ancora nel PDL ed accettavano di poter essere giudicati dai probiviri. E un conto è dire che non hanno fiducia nell'indipendenza di giudizio dei probiviri, che potrebbero essere sospettati di conformarsi al volere di Berlusconi, un altro è non mettere in discussione l'indipendenza dei probiviri, ma chiamarsi fuori dal gioco e dalle sue regole.

A questo punto occorre che i finiani ammettano che quando stavano ancora nel PDL ci stavano con una riserva mentale: quella di non accettarne né le regole interne, né l'autorità degli organi preposti al loro rispetto. E neppure che chi dirigeva il partito potesse censurare un eventuale loro comportamento antitetico.

Alla luce di queste considerazioni qualcuno crede ancora che Fini sia stato cacciato con metodi staliniani?

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