giovedì 2 maggio 2013

Un governo al servizio dell'Italia e dell'Europa

Il titolo è quello del recente discorso di Enrico Letta sulla fiducia al governo. I media pare non ci abbiano fatto caso, ma è scandaloso. Che un governo sia al servizio dell'Italia, e dunque dei suoi cittadini, è cosa normale e giusta; ma quando mai un governo si dichiara al servizio di un insieme di stati o di un'organizzazione, internazionale o sovranazionale che sia?


Questo governo è stato eletto (in senso lato) dal popolo italiano, e non da un fantomatico popolo europeo. E né tantomeno dalla Commissione Europea o dal popolo francese o da quello tedesco, per citare la tre capitali che Letta ha immediatamente visitato.

E che abbia scelto proprio quelle tre capitali è indicativo del fatto che l'Europa è un'associazione dove qualcuno comanda più degli altri. Passi per Bruxelles, che potrebbe essere considerata la capitale di una futura ipotetica unione europea federale; ma andare a Parigi e Berlino a chiedere il permesso di cambiare politica rispetto al governo Monti è un chiaro segno di sudditanza. È un segno che in Europa non siamo tutti uguali.

Teoricamente avrebbe potuto visitare invece Londra, Madrid, Varsavia, Stoccolma o Praga: anche quelle sono capitali di stati appartenenti all'Unione Europea. E formalmente il voto di ogni stato, dal piccolo Lussemburgo alla grande Germania, conta uno. Invece oggi sappiamo ufficialmente che non è così. E anzi Letta lo teorizza pure.

E ciò nonostante che la nostra costituzione, all'art. 11, stabilisca formalmente che

L’Italia (...) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni

Ecco, non mi risulta che un governo francese o tedesco (per non dire britannico) abbia mai iniziato il suo mandato dichiarando di essere al servizio dell'Europa. Se lo facesse verrebbe immediatamente stigmatizzato. Da noi invece la cosa passa sotto silenzio.

Il governo Letta è probabilmente il governo più europeista che abbiamo mai avuto. Ha Emma Bonino, che da Radicale ha sempre promosso l'idea degli Stati Uniti d'Europa, agli Affari Esteri, ha Enzo Moavero (già docente di diritto CEE, giudice della Corte di Giustizia e funzionario della Commissione UE) alle Politiche Comunitarie. Lo stesso Enrico Letta si è formato e specializzato in diritto comunitario. La sua bibliografia (che mi pregio di non aver letto), con titoli quali quali Euro sì. Morire per Maastricht o La comunità competitiva. L'Italia, le libertà economiche e il modello sociale europeo o ancora Dialogo intorno all'Europa, dai titoli pare un'agiografia dell'Unione Europea e della moneta unica.

Letta ha detto che il rimedio alla crisi (dell'Italia e dell'Europa) è

una maggiore integrazione verso un'Europa Federale. Altrimenti il costo della non-Europa, il peso della mancata integrazione, il rischio di un'unione monetaria senza unione politica e unione bancaria diventeranno insostenibili: come la crisi di questi cinque anni ci ha mostrato.

Chissà se nei suoi scritti precedenti, compreso il mitico Euro sì. Morire per Maastricht questa crisi l'aveva mai paventata... Istruttiva questa recensione.

Il libro di Letta uscì assieme a un libro opposto di Lucio Caracciolo (Euro no. Non morire per Maastricht). Letta sosteneva

l'unione monetaria come il primo approdo di un coerente percorso verso l'unità, durato un quarantennio. L'originalità del percorso - prima l'economia, poi la politica - non comporta rischi secondo l'autore. Riflette piuttosto un'acquisita "simbiosi" di politica ed economia, di cui i parametri di Maastricht sono un'espressione sostanzialmente corretta e che ha già dato buona prova di sé nel risanamento economico degli ultimi anni. Il processo non va interrotto, ma semmai completato, anche attraverso un maggiore e più consapevole contributo italiano.

Caracciolo invece:

Il passato e il presente di Maastricht, lungi dal consolidare l'auspicabile unità europea, fomentano a suo giudizio un processo disgregatore, che ha il suo centro nell'Europa a due velocità", investe il rapporto con i paesi dell'est europeo e rischia di compromettere la solidarietà transatlantica. Il quadro a tinte fosche delineato da Caracciolo è completato da un più generale scetticismo sulla possibilità che l'euro possa essere il viatico di un'unione politica duratura.

A voi di giudicare chi dei due è stato più lungimirante.

Digressioni a parte, torniamo al discorso sulla fiducia di Letta. Che ha detto:

le sorti dell'Italia sono intimamente correlate a quelle dell'Unione europea. Due destini che si uniscono.

Bella frase. Ma che in sé non vuol dire un bel nulla. Poi aggiunge:

Pensare l'Italia senza l'Europa è la vera limitazione della nostra sovranità, perché porta alla svalutazione più pericolosa, quella di noi stessi.

Si noti la parola "svalutazione", messa lì, suppongo non casualmente.

Vivere in questo secolo vuol dire non separare le domande italiane e le risposte europee, nella lotta alla disoccupazione e alla disuguaglianza, nella difesa e nella promozione di tutti i diritti. E soprattutto, l'abbattimento dei muri tra il Nord e il Sud del continente, così come tra il Nord e il Sud dell'Italia.

Altra bella frase. Che però nel concreto fa acqua. In che modo l'Europa darebbe o ha mai dato una risposta alla lotta alla disoccupazione? Spiace dirlo, ma l'unico contributo europeo è stato la libertà di emigrare senza bisogno di permessi. Il che è un'ottima cosa, ma io non credo che l'obiettivo dell'Italia consista nel diventare la Calabria dell'Europa.
Abbiamo il diritto a sogno che si chiama Unione Politica e abbiamo il dovere di renderlo più chiaro. Possiamo avere "più Europa" soltanto con "più democrazia": con partiti europei, con l'elezione diretta del Presidente della Commissione, con un bilancio coraggioso e concreto come devono essere i sogni che vogliono diventare realtà.

Il problema è che se passiamo dai sogni alla realtà le cose si fanno più complicate:
  1. Partiti europei - nulla impedisce già oggi di farli. I partiti politici sono libere associazioni di privati cittadini. Il regolamento del parlamento europeo poi incentiva l'europeizzazione dei partiti subordinando la compsizione dei gruppi alla loro multinazionalità. La realtà è invece che i partiti europei sono solo dei comitati di propaganda ad uso e consumo di ciascun partito nazionale e che le elezioni europee sono 27 elezioni nazionali, slegate fra di loro, che si svolgono in contemporanea.
  2. Elezione diretta del Presidente della Commissione - in effetti vorrei proprio vedere Barroso o chiunque dei suoi predecessori o futuri successori fare una campagna elettorale in una ventina di lingue. Oppure secondo Letta chi non sa l'Inglese, il Francese o il Tedesco si attacca?
  3. Un bilancio Europeo "coraggioso" - purtroppo quello che per Letta (e magari per gli Italiani, gli Spagnoli, i Greci, etc.) è un sogno, per i Tedeschi sarebbe un incubo. Secondo uno studio l'attuale situazione dà alla Germania un vantaggio di circa il 3% del suo PIL. Ma l'economista Jacques Sapir stima che per riequilibrare la situazione la Germania dovrebbe ogni anno versare una somma fra l'8 e il 10% del suo PIL ai paesi meno competitivi. Il che per loro renderebbe preferibile piuttosto rinunciare a quel 3% e tornare al Marco.
    I fatti poi ci mostrano che per stabilire un bilancio europeo di circa 139 miliardi di Euro all'anno (poco più dell'1% del reddito nazionale lordo dell'area UE) vi è stata una negoziazione di mesi e mesi. Qualora fosse più coraggioso ognuno può immaginare le maggiori difficoltà di governare l'Europa di comune accordo...
Più in generale si sa che per sposarsi occorre essere in due a volerlo. La mia impressione è che l'eventuale proposta che il governo Letta farà (ma la farà?) in sede europea scalderà di più i cuori dei paesi debitori che quelli dei paesi creditori. Dopo di che quando dai discorsi si passerà alla realtà sarà interessante ascoltare quello che i federalisti Letta, Bonino e Moavero ci diranno.

Così come i risultati dei magistrati in politica (vedasi i casi Di Pietro, De Magistris e Ingroia) hanno screditato l'idea dell'uomo di legge che va a fare il giustiziere della casta, così come i pessimi risultati dei governi tecnici hanno screditato, spero a lungo, l'idea che sia opportuno affidare loro il governo del paese, temo che il fallimento del nostro primo governo federalista screditerà il miraggio del "più Europa" con cui i nostri politici (nonché i loro elettori, va detto) raccontano favole alla gente evitando di assumersi le loro responsabilità.