venerdì 20 aprile 2012

La balla della mancata attuazione dell'art. 49 della Costituzione

È notizia di oggi che alcuni senatori del PDL hanno sottoscritto una dichiarazione d'intenti che contiene la seguente frase:

I partiti vanno ricondotti all'articolo 49 della Costituzione e pertanto i loro apparati organizzativi vanno ridimensionati su tre funzioni essenziali: produrre idee, selezionare classe dirigente, promuovere partecipazione e consenso.
Che i partiti vadano ricondotti all'art. 49 della Costituzione è falso. Così come è falso sostenere che l'art. 49 non sia attuato. È un mito diffuso, frutto di una cattiva ideologia, dalla quale discende una cattiva giusriprudenza della corte costituzionale nonché una cattiva concezione di cosa sono (o devono essere) i partiti politici.

L'art. 49 della Costituzione:
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
in lingua italiana significa:
ogni legge o regolamento o atto del governo che impedisca ai cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale sarà nullo in quanto incostituzionale

Stop. Quello e null'altro è il significato lessicale della frase.

Per cui l'art. 49 è già attuato: basta che lo stato si astenga dallo sciogliere o perseguire i partiti che si riconoscono nel metodo democratico (ovvero può sciogliere quelli che cercano di fare un colpo di stato - tipo un eventuale partito fascista - o quelli che cercano di prendere il potere con il terrorismo - tipo le Brigate Rosse, altrimenti dette Partito Comunista Combattente).

I partiti sono associazioni private libere, e in quanto tali i cittadini sono liberi di stabilire le regole interne, anche le più astruse o antidemocratiche. Sono liberi di stabilire che il patrimonio venga svenduto al cognato del leader, come che venga usato per le spese del figlio del capo, per l'affitto dell'appartamento del ministro, etc..

A questo punto il problema si sposta sul finanziamento pubblico dei partiti, dato che quel finanziamento è alla base di quelle spese. Se scandalizza il fatto che i soldi (che in origine erano) dei contribuenti vadano a fini disdicevoli o immorali, allora che si metta vincoli, limiti o tetti a quei finanziamenti. O che si aboliscano.

Invece Bersani e Casini fanno l'esercizio mentale di cui sopra: siccome l'art. 49 non sarebbe attuato, occorre fare dei partiti dei portatori di un interesse pubblico (l'attuazione di detto articolo in nome della democrazia) e quindi i titolari di un finanziamento. E peggio ancora occorre farne una specie di enti parastatali.

L'assurdo è che un evento privato quali le elezioni primarie del PD diventerebbero un affare di stato. E che gli altri partiti sarebbero obbligati a farle. Sai mica è chiaro che Fini, Bossi, Berlusconi, Di Pietro, Pannella, Casini, Rutelli, Vendola... siano i leader dei rispettivi partiti... No, occorre l'elezione primaria...

Invece basta stabilire che cosa si finanzia e quanto: se si finanzia la campagna elettorale, si stabilisca come e quanto si rimborsa a ogni candidato (o gruppi di candidati nella stessa lista). Idem per i partiti: si stabilisca che cosa dell'attività dei partiti si finanzia e quanto lo si finanzia. Per esempio si dica che le spese elettorali sono rimborsate fino ad una certa cifra e che le spese di funzionamento di un partito sono finanziate in ragione di una percentuale delle spese sostenute (dunque a prescindere dal fatto che il partito sia in parlamento).

Se invece dovesse passare la concezione di cui sopra, allora toccherà dare ragione a Grillo.

martedì 17 aprile 2012

Belsito's version

Chi scrive non è un leghista, non lo è mai stato e presumibilmente mai lo sarà. È solo un pigro che aggiorna il blog troppo di rado; tuttavia, visto il nome del presente blog questa non poteva lasciarsela scappare. Leggo sul Corriere che, riguardo allo "scandalo" Belsito, per Cota
«la Lega è parte lesa. L'unico indagato è Belsito ed è stato espulso. Bossi non è indagato ed ha fatto un passo indietro»
Allora Belsito è stato espulso perché indagato dalla magistratura. Peccato che così facendo la Lega dia implicitamente ragione alla magistratura, anzi alla tesi accusatoria, prima ancora di vedee a cosa porterà.
In pratica la Lega si fa dettare le decisioni dal PM Woodcock, che a dispetto del cognome è un napoletano di sinistra.
Invece Bossi, che coi soldi del partito ci avrebbe ristrutturato la casa non è indagato dalla magistratura e né è stato espulso dalla Lega. Ha solo fatto un passo indietro.
Ma andiamo avanti, c'è dell'altro di cui ridere. Lo stesso articolo del Corriere ci dice
Belsito riconsegna i diamanti e i lingotti d'oro
Mmh, e dove li aveva nascosti la 'refurtiva' questo temibile indagato che risponde al nome di Belsito e che i leghisti oggi disconoscono?
Era a Genova, nel «caveau» di una banca, il «tesoro» della Lega Nord.
E certo, dove altro li mette uno che investe del denaro in metalli preziosi, sotto il materasso? Secondo Repubblica poi
Belsito riconsegna diamanti e lingotti
L'ex tesoriere restituisce al partito i preziosi comprati con i soldi del finanziamento.
Di solito uno "riconsegna" dopo che si è appropriato di qualcosa. Ma qui non risulta che sia il caso. Altrimenti i lingotti sarebbero nascosti in Svizzera e Belsito sarebbe già da tempo alle Maldive.

Aggiunge Cota che i diamanti restituiti da Belsito «saranno venduti ed il ricavato andrà alle sezioni». Mmh, iniziativa lodevole, ma in fondo anche quella di Belsito che in questo periodo di turbolenze monetarie ha investito in metalli preziosi forse non è stata poi così disdicevole.

Ma stringi stringi che ha fatto di male questo Belsito?