martedì 7 febbraio 2012

Mettere in stato d'accusa Napolitano

Al governo Berlusconi viene rinfacciato il fatto che il governo Monti avrebbe fatto in poche settimane quello che lui non avrebbe fatto in tre anni o comunque nei molti mesi che durò la crisi dello spread. Renato Brunetta, già Ministro della Funzione Pubblica, ha recentemente scritto che una percentuale compresa fra il 50% e il 70% dei contenuti dei tre decreti legge sinora emanati dal governo Monti era già stata approvata dal governo Berlusconi il 2 Novembre 2011 in un progetto di decreto legge a cui era stato dato il nome di "Decreto Sviluppo" (o, nelle parole di Brunetta, "decreto-legge Romani-Brunetta-Calderoli"). Quel decreto doveva essere l'esecuzione della lettera di intenti che Berlusconi aveva scritto il 26 Ottobre 2011 alla Commissione UE.

E allora perché quelle norme le ha poi emanate Monti e non Berlusconi, uno si potrebbe chiedere? Perché il Presidente della Repubblica si rifiutò di controfirmare il Decreto Sviluppo. Nelle parole di Brunetta:
il decreto Romani-Brunetta-Calderoli non fu approvato nel Consiglio dei ministri del 2 novembre 2011 perché il Quirinale aveva informalmente manifestato la propria indisponibilità a emanarlo, considerandolo privo dei requisiti di necessità e urgenza e di omogeneità richiesti, secondo l’interpretazione costituzionale più volte richiamata dallo stesso Capo dello Stato, in particolare nel caso della lettera inviata a Berlusconi sul «caso Englaro» del 6 febbraio 2009 e in successive occasioni.
Brunetta precisa poi che a Monti non fu poi invece obiettata la mancanza dei requisiti di necessità e urgenza e di omogeneità. Tralasciando la necessità e l'urgenza (se non vi era prima, non poteva esserci poche settimane dopo), uno può supporre che fosse un problema di omogeneità. E invece no:
Il decreto-legge Romani-Brunetta-Calderoli (...) aveva caratteri certamente meno disomogenei, quanto agli oggetti, di quelli adottati dal nuovo esecutivo.
Chi avesse dimenticato cosa avvenne quel giorno può consultare qui la diretta web che ne fece La Repubblica:


Pasquale Cascella, Consigliere del presidente della Repubblica per la stampa e la comunicazione, ha risposto oggi a Brunetta. Dice che Napolitano, prima che il Consiglio dei Ministri si riunisse, ricevette Tremonti, il quale gli disse, per varie ragioni, di essere contrario all'emanazione di un decreto, ma che fosse opportuno procedere
«nella forma - più praticabile anche dal punto di vista parlamentare e meno in generatrice di tensioni politiche - della presentazione di emendamenti alla legge di stabilità» in quel momento all’esame del Senato.
E che quindi:
Il presidente della Repubblica ritenne di esprimersi a favore della soluzione indicata dal ministro per evitare l’adozione di «un coacervo di norme anche estranee» alla lettera di intenti ed obbiettivi inviata a Bruxelles dal Presidente del Consiglio il 26 ottobre, che avrebbe potuto «suscitare nuova confusione nell’opinione pubblica e nei mercati».
Un discorso molto strano, quello del Quirinale. Tanto più che dice che Napolitano non fece nessuna «valutazione discrezionale», ma solo prese atto dell'esistenza di "riserve motivate presenti all’interno della stessa compagine governativa", e pertanto cercò "un veicolo normativo che consentisse di addivenire rapidamente all’approvazione delle misure più urgenti evitando più aspre tensioni fra le forze politiche" e che non potesse «suscitare nuova confusione nell’opinione pubblica e nei mercati».

Queste tre affermazioni possono essere facilmente smontate:
  1. «valutazione discrezionale» - Formalmente parlando il ministro dell'Economia non è interlocutore del Presidente della Repubblica, e né a esso può essere delegato un potere di veto (che peraltro non esiste se non per manifesta incostituzionalità delle norme proposte). Quindi se Napolitano sceglie di controfirmare un decreto o meno si deve assumere la piena responsabilità di ciò che fa, e non nascondersi dietro il dito dell'opinione di Tremonti.
  2. "riserve motivate presenti all’interno della stessa compagine governativa" - Ai sensi dell'art. 95 della  Costituzione e dell'art. 2 della Legge n. 400 del 1988, non spetta al Presidente della Repubblica dirimere le controversie che possono sorgere in seno al Consiglio dei Ministri. Ciò spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri. Inoltre, una volta che il governo aveva comunicato al Quirinale l'intenzione di procedere mediante il decreto legge Napolitano aveva il dovere di considerare quella controversia come risolta.
  3. "evitando più aspre tensioni fra le forze politiche" e «suscitare nuova confusione nell’opinione pubblica e nei mercati» - Questa motivazione poi è in aperta violazione della Costituzione. O è una fesseria sfuggita alla penna di Napolitano Cascella, oppure, se è stata ben meditata, il Presidente della Repubblica dovrebbe renderne conto al paese. Perché al di là del merito dell'apprezzamento, Napolitano afferma oggi il suo potere di rifiutare l'emanazione di un decreto legge proposto dal governo quando egli non ne condivide il merito.
    Un'altra conseguenza logica è che, siccome secondo lui il decreto avrebbe creato tensioni fra le forze politiche, Napolitano si è schierato contro la maggioranza e a fianco dell'opposizione.
Ricapitoliamo. La Costituzione stabilisce all'art. 87 che il Presidente della Repubblica rappresenta l'unità nazionale. Rappresentare l'unità significa non creare coi propri comportamenti delle divisioni, essere al di sopra di esse. In questo caso invece è stato uomo di parte, giacché si è messo contro il Consiglio dei Ministri (e quindi indirettamente contro il Parlamento che lo ha fiduciato e il popolo che a sua volta l'ha eletto), schierandosi invece con l'opposizione. Ergo o ha legittimamente fatto uso di un suo potere discrezionale di valutazione e decisione (cosa che però Napolitano Cascella nega), oppure, se detto potere non esiste, ha abusato dei suoi poteri e dunque ha violato la Costituzione.

A questo punto che il Presidente della Repubblica sia messo in stato d'accusa per attentato alla costituzione. Ovviamente non avverrà, volendoci la maggioranza assoluta del parlamento in seduta comune, ed avendo PD, IdV e centristi i numeri potenziali per bloccare una simile istanza.

Chi scrive non ha nulla contro Giorgio Napolitano e né ha piacere che finisca sotto processo e tanto meno in galera, ma ritiene che il popolo abbia il diritto di sapere in base a cosa certe decisioni vengono prese e se il suo presidente è imparziale o meno. Occorrerebbe che la cosa non finisca qui con qualche articolo di giornale e il post di un oscuro blog, ma che si arrivi alla verità, quale che sia. Berlusconi ha sbagliato a lasciar correre e ad accettare il rifiuto di controfirmare il decreto: doveva dimettersi, affinché ognuno si prendesse pubblicamente le responsabilità dei suoi atti. E sbaglierebbe l'ex maggioranza a lasciar correre per non aprire per convenienza tattica uno scontro istituzionale. Che sia la Lega Nord, visto che è passata all'opposizione, ad aprire la procedura di messa in stato di accusa: verrà rigettata, ma almeno si farà chiarezza.

3 commenti:

Frank77 ha detto...

é tutto da vedere se quello che dice Brunetta è vero.e conoscendo il tipo ho i miei dubbi.

Philip Michael Santore ha detto...

1. Che una percentuale compresa fra il 50% e il 70% dei contenuti dei tre decreti legge sinora emanati dal governo Monti era già stata approvata dal governo Berlusconi è cosa che può essere verificata

2. Idem che il decreto-legge Romani-Brunetta-Calderoli (...) aveva caratteri certamente meno disomogenei, quanto agli oggetti, di quelli adottati dal nuovo esecutivo

3. Che il Quirinale aveva informalmente manifestato la propria indisponibilità a emanare il decreto sviluppo è confermato dalla lettera di Cascella, oltre che messo a verbale durante il Consiglio dei Ministri

Riguardo ai punti 1 e 2, i testi dei decreti sono pubblici. Quindi sei libero di studiarli e di smentire Brunetta. Qualora tu lo faccia sarò lieto di smentirmi.

Anonimo ha detto...

Sei un grande. Che Napolitano abbia travalicato abbondantemente le funzioni presidenziali in diverse occasioni lo penso anch'io, ma viviamo in un paese di merda e quindi lo si lascia fare.
Ciao.