lunedì 4 aprile 2011

Il sangue dei vinti

Il libro di Giampaolo Pansa "Il sangue dei vinti" del 2003 è ancora oggetto di polemica. Lo è stato tempo fa in questo blog d'opinione, e recentemente mi è capitato di leggerne qui.

Non saprei dire nel caso specifico del primo blog che ho citato, ma la mia impressione è che spesso chi ne dibatte, cosciente o meno di ciò, parta dai propri assunti ideologici, da tradizioni politiche o financo da esperienze, dolorose o meno, di famiglia. Ne consegue che è difficile forzarsi a dare un giudizio obiettivo, e che -ancora peggio- in molti si sono fatti un'idea del libro senza neppure averlo letto, ma basandosi sulle innumerevoli recensioni e giudizi (tutti di parte, vedi sopra) che si trovano in rete.

Fatti veri o falsi?

Io il libro l'ho letto. È una divulgazione senza pretese di alta letteratura o di accademia di fatti sino a quel momento sostanzialmente ignorati dalla storiografia. Ed è lo stesso Pansa a premetterlo nelle pagine iniziali del libro. Dunque chi l'ha letto non dovrebbe obiettare né l'assenza della citazione delle fonti a piè di pagina né altre cose che non ne fanno un libro di storia. Ad ogni modo, comunque la si pensi, lo stesso Pansa, allorché fu criticato per quei motivi da vari docenti universitari di materie storiche, li sfidò pubblicamente, loro e i loro assistenti, a trovarci delle inesattezze. La sfida non venne raccolta, pertanto si può affermare che nessuno sinora ha potuto sbugiardarlo.

Una rappresentazione distorta del contesto?

Viene poi detto che Pansa faccia iniziare la storia il 25 aprile 1945, ignorando fatti precedenti di opposta e analoga, se non peggiore, crudeltà. E che la conseguenza di ciò sia una sostanziale falsificazione della storia. Ma anche qui osservo che il libro di Pansa all'inizio di ogni capitolo racconta di quali colpe le vittime delle vendette si fossero macchiate. E oltre a ciò Pansa racconta cosa era successo in precedenza nelle zone in cui avvennero quei fatti. E che il fascismo fosse un regime è cosa nota. Così come è cosa nota la guerra e gli orrori che aveva portato.

Ogni avvenimento storico è il seguito di un avvenimento precedente che ne è il presupposto necessario. Pertanto obiettare che il libro di Pansa sarebbe scorretto perché inizia a narrare i fatti del 1945 omettendo quelli degli anni precedenti è un po' come dire che un libro sull'olocausto sarebbe scorretto se non trattasse anche dei fatti storici che portarono all'antisemitismo. Così non si dovrebbe parlare delle Fosse Ardeatine senza includere Via Rasella, né di Via Rasella senza parlare dell'occupazione tedesca, la quale non potrebbe essere trattata senza menzionare l'otto settembre, e così via fino alla notte dei tempi.

Al che qualcuno potrebbe obiettare che l'antisemitismo non può essere una giustificazione dell'olocausto. Il che è verissimo, così come è vero che il fascismo non giustifica le successive vendette. Oppure le giustifica? Allora occorre che chi brandisce l'argomento della necessità di contestualizzare quei fatti abbia il coraggio di ammettere esplicitamente ciò che esso implicitamente postula, cioè che le violenze fasciste, la guerra e l'occupazione tedesca avrebbero giustificato le successive vendette partigiane.

E l'idea per cui gli eccidi debbano essere contestualizzati va in crisi quando si nota che a compierli furono solo i partigiani rossi, e non quelli bianchi (i cattolici), verdi (Giustizia e Libertà) o azzurri (i liberali). E che anzi i partigiani rossi uccisero partigiani di altri colori (e non viceversa).

Ma allora occorre scegliere: o quei fatti sono avvenuti e possono essere narrati senza che Pansa si becchi l'epiteto di revisionista, dato che il contesto precedente li giustificherebbe, oppure quelle di Pansa sono ricostruzioni parziali, incomplete, da dilettante, senza fonti chiare, e il suo libro falsificherebbe sostanzialmente la storia. Ma come ho detto, sinora nessuno storico è riuscito a smontare il libro.

La vera questione dei libri di Pansa che agita il dibattito non è il loro contenuto, ma il fatto che i libri hanno avuto un grande successo di vendite e che l'autore ha un curriculum "rispettabile" (un giornalista che ha scritto a lungo su Repubblica e L'Espresso), che impedisce che il giudizio si limiti al dito e non alla luna. Se a scriverli fosse stato un reduce della Repubblica di Salò (come in passato avvenne) quasi nessuno se li sarebbe filati. E chi lo avesse fatto avrebbe indicato il dito, dicendo che era il dito di un fascista.

Detto questo, io ne consiglio la lettura. Perché i fatti narrati sono realmente avvenuti e non devono essere censurati, neanche per convenzione tacita. Altrimenti se la cultura della resistenza si deve basare sullo zittire gli avversari, sul negare i fatti imbarazzanti, sul fare dei partigiani un'agiografia ipocrita, ci troviamo davanti a un male simile a quello che la resistenza stessa ha combattuto. E purtroppo quello è il problema di fondo che Pansa ha scoperchiato.

3 commenti:

Michele R. ha detto...

Caro PMS,

come ho detto in altra sede i libri non li ho letti. E' forse inesatto definire Pansa un revisionista, però è vero che i revisionisti, che per me sono coloro che pensano che i la storia venga raccontata con una versione di comodo dai vincitori, dei libri del giornalista ne hanno fatto la loro bandiera per sostenere quindi che le cose non sono esattamente andate come a scuola ci hanno insegnato.

Bisogna essere degli ingenui per pensare che in guerra, dove vigeva quasi l'anarchia, non si approfittasse del momento per regolare i propri conti. Ti chiedo, ma forse dovrei chiederlo a Pansa, cosa è peggio un governo che, pur se autoritario, ha le sue leggi ma permette olio di ricino e manganello (quando andava bene) dando motivo di covare rancore, o degli sbandati che approfittando della fine della guerra hanno regolato i conti personali?

Non so per quale parte pendi, ma per la cronaca la voglia di revisionismo guarda dove ci ha portato. Ce ne è cosi bisogno di questa cosa o sono altri i problemi veri?

Amaramente, Michele.

Philip Michael Santore ha detto...

Che le cose non siano andate esattamente come a scuola ci hanno insegnato lo dimostrano appunto i libri di Pansa.

Il regolamento di conti è avvenuto a guerra terminata ed è andato avanti per due-tre anni. Ha colpito chi era fascista e chi non lo era, chi si era macchiato di colpe e chi aveva la sola colpa di essere un nemico di classe.

A questo punto occorre che chi s'incazza per quanto è stato rivelato dai libri di Pansa cominci a farsi un esame di coscienza.

Michele R. ha detto...

@PMS e a tutti coloro che leggono questa pagina,
ATTENZIONE:
"Il libro di Giampaolo Pansa "Il sangue dei vinti" del 2003 è ancora oggetto di polemica. Lo è stato tempo fa in questo blog d'opinione, e recentemente mi è capitato di leggerne - segue il link al blog di nonunacosaseria - qui."

Per chi vuole leggere il post sul blog di nonunacosaseria faccio presente che l'autore ha deciso di rimuoverlo.