mercoledì 11 settembre 2013

Il ricalcolo

Non c'è segreto meglio custodito di una cosa alla luce del sole. Probabilmente la cosa più ridicola della sentenza sui diritti tv di Berlusconi è quella di cui non parla nessuno: la faccenda della pena accessoria. Chi legga la stampa italiana dal primo agosto in poi sa che la Corte di Cassazione ha confermato la condanna di Berlusconi, ma che ha rinviato gli atti alla Corte d'Appello, affinché questa faccia un nuovo processo ed emetta la relativa sentenza limitatamente alla pena accessoria.


I giornali (qui, per esempio) sintetizzano la cosa con l'espressione ricalcolo della pena accessoria. Solo che la parola "ricalcolo" è fuorviante. Anzi nella sostanza è un modo per disinformare il lettore, almeno quello che non conosca la legge penale.

Perché non è un problema di calcolo, non è un mero errore tecnico, non è una svista aritmetica marginale rispetto al merito della colpevolezza dell'imputato. No, è qualcosa d'inquietante.

Berlusconi è stato condannato per frode fiscale, un reato previsto dall'art.3 del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74 - Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

La stessa legge all'art. 12 stabilisce le pene accessorie per detto reato. In particolare al comma 2 stabilisce quella dell'interdizione dai pubblici uffici:
La condanna (...) importa altresi' l'interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni (...)
La legge è breve e chiara: prevede e tipizza dei reati fiscali, ne stabilisce le pene, e qualche articolo più sotto quantifica le relative pene accessorie.

Non è un problema di calcolo e bilanciamento di circostanze aggravanti e attenuanti: l'interdizione non può essere "superiore a tre anni". Eppure in primo e secondo grado gliene hanno dati cinque!

Sapete perché?

Perché invece di applicare quell'art. 12 hanno applicato la previsione generica del codice penale in materia di pene accessorie (art. 29), che dice:
la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
Solo che anche gli studenti di legge sanno che la norma speciale deroga a quella generale. Che è ciò che ha fatto notare la Cassazione.

Per semplificare il concetto agli estremi è come se i giudici avessero sì condannato Berlusconi per frode fiscale, ma "calcolando" (sic.!) la pena principale secondo l'art. 640 del codice penale, quello che punisce la frode in generale.

A questo punto è legittimo chiedersi come sia possibile che due diversi collegi formati da tre magistrati, di una certa esperienza, rispettivamente del tribunale e della corte d'appello più importante d'Italia, in un processo seguito dalla stampa di mezzo mondo, possano commettere un simile errore. Errore che determina ulteriori lungaggini, nonché spese processuali per lo stato e per gli imputati.

È legittimo chiedersi se quei magistrati abbiano dimestichezza con la legge tributaria, con la sua interpretazione e con il modo in cui è praticata (leggi: rispettata, elusa o frodata) nella vita di tutti i giorni.

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