La verità è che la Bce è una struttura federale, nel modo e con i limiti in cui può esserlo una tecnostruttura in questa Europa altamente imperfetta.Che sia una struttura federale non è cosa condivisibile. Tant'è vero che i posti che contano vanno a persone dei paesi che contano. E quando ciò non avviene (vedasi il caso delle non dimissioni di Bini Smaghi), la Francia si risente, come se quel posto nel consiglio dovesse andare di diritto a un francese. È più corretto dire che la BCE è una struttura intergovernativa. E non è una mera questione terminologica. Dice poi Seminerio:
Si tratta di nomine che hanno una legittimazione democratica, tipica di tutte le procedure di nomina di organismi tecnocratici.Ma poi aggiunge:
Se e quando la Ue diverrà una federazione o confederazione, è auspicabile che queste procedure vengano riviste in senso di attribuire maggior rilevanza ad un Parlamento europeo reso più operativo e meno declamatorioIl che significa che il parlamento europeo, l'unico organo europeo direttamente eletto dal popolo, non ha oggi rilevanza. Ergo: la legittimazione democratica non c'è proprio perché l'UE non è né una federazione né una confederazione. Aggiunge Seminerio:
La verità è che la strada per cui battersi è quella di un percorso federale verso maggiore integrazione politica in Europa, tale da poter conferire più democraticità al processo decisionaleErgo, ancora una volta: il processo, dice Seminerio, non è democratico, ma sarebbe bene che lo fosse. Dunque un'altra sua obiezione a Martino:
Martino dovrebbe spiegarci se vede questo vulnus democratico europeo come meno nocivo di una banca centrale assoggettata al “controllo democratico” usata per finanziare il deficit anche in condizioni ordinarie.Delle due l'una: o Seminerio preferisce una BCE tecnocratica che risponda il meno possibile agli input democratici, oppure preferisce "conferire più democraticità al processo decisionale". Oppure (probabilmente) ha in testa qualcos'altro che gli è rimasto nella penna. Vedremo se e quando replicherà a Martino.
Ma la parte più interessante è l'ultimo capoverso, quando critica Martino per aver appoggiato in tutti questi anni Berlusconi:
E comunque, per farla breve, ricordate che stiamo parlando dell’uomo che, negli ultimi vent’anni ha avallato senza batter ciglio tutti gli sfondamenti di spesa e gli aumenti d’imposta che il suo leader ha inflitto al paese. La coerenza non è di questo mondo.Non me ne voglia Seminerio, che comunque stimo, ma come si suol dire scagli la prima pietra chi è senza peccato. E mi rifersico proprio a lui, così come ai vari Boldrin, Giannino, Marcegaglia, che quando al governo c'era Berlusconi hanno fatto propaganda dopata per andare al governo tecnico; e ora che c'è il governo tecnico, il loro governo tecnico, ne hanno preso le distanze. Credevano forse che arrivato "Super Mario" arrivasse la rivoluzione liberale? Non li sfiora l'idea che se essa fosse stata possibile l'avrebbe già fatta Berlusconi?
No, cari Seminerio, Boldrin, Giannino e Marcegaglia, la coerenza non è di questo mondo. E non solo chi è senza peccato dovrebbe scagliare la prima pietra, ma vale anche il detto che una volta che la si scaglia sarebbe bene poi non nascondere la mano.
La posizione di Martino sarà anche criticabile, ma che scelta aveva? A posteriori mi pare che i fatti diano ragione a lui e non -per dire- a Della Vedova, che invece scelse di rompere con Berlusconi. Per non dire di tutti gli opinion maker, fra cui i succitati, che hanno traghettato il paese dalla padella alla brace.
7 commenti:
Non sono per nulla d'accordo sul punto finale.
Un conto è aver chiesto il governo tecnico,ed averne preso le distanze quando si è dimostrato in parte un fallimento,altro conto è aver continuato a sostenere Berlusconi per 20 anni,senza aver fatto niente per creare un'opzione liberale.
Oltretutto non ritengo questo un governo tecnico,questo è un governo di burocrati,tranne qualche eccezione
Ma un governo tecnico/burocratico/chiamalo-come-ti-pare altro non è che l'appendice della maggioranza parlamentare che lo sostiene. Le riforme si dice che le fanno i governi, ma è una semplificazione lessicale. Così come si dice che le fanno i leader. Ma in fin dei conti le fa il parlamento, che è l'organo che ha il potere di approvarle. Quindi le fanno i partiti. Quindi le fanno gli elettori che ai partiti danno il voto.
Quindi, dato che il parlamento è lo stesso, e grosso modo è stato non riformista (in senso liberale) negli ultimi -diciamo- 151 anni, come potevano costoro sperare che bastasse cambiare i nomi dei ministri per cambiare l'Italia?
Come avevo scritto, il governo tecnico e la rivoluzione liberale allo stato attuale sono illusioni.
I nostri opinion maker si sono cullati (anzi, vi hanno cullati) nell'illusione che i problemi dell'Italia potessero essere risolti sostituendo Romani con Passera, Sacconi con Fornero e Berlusconi e Tremonti con Monti.
Ovviamente ciò che è successo è che Monti ha dovuto ammettere che è più facile scrivere articoli sul Corriere (ah già, ecco un altro opinion maker...) che far passare le riforme, che forse il paese non è pronto.
Anche su questo punto non sono d'accordo,intanto un governo tecnico non è l'appendice della maggioranza parlamentare,senza contare che ha l'arma della fiducia.
Ogni governo è formalmente l'appendice della maggioranza: la maggioranza controlla il parlamento, il parlamento ha il potere legislativo, mentre il governo ha solo il potere esecutivo, cioè di eseguire ciò che il parlamento gli ordina.
Che poi di fatto sia il governo a comandare, ciò è perché chi comanda la maggioranza di solito siede al governo.
Quindi: leader > maggioranza > parlamento > governo; semplificando: leader > governo; semplificando ancora di più: comanda chi è al governo.
Sull'attuale governo tecnico: ha certamente il potere di minacciare le dimissioni, ma il vero potere ce l'ha chi ha i voti. Il governo tiene perché nella congiuntura galleggia mentre gli schieramenti giocano a poker fra loro.
Che il parlamento abbia il potere esecutivo è una mezza verità,visto che in Italia anche il governo può legiferare con i decreti leggi, e che da quando c'è la cosidetta "seconda repubblica" i governi ne hanno fatto uso ed abuso.
Se il parlamento non li converte decadono dopo 60 giorni.
Ergo: è una delega che il parlamento fa al governo, ma il potere resta nele mani del parlamento.
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